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Innovazione, finanza e sviluppo
mettervi più benzina, ma bensì di intervenire sul suo funzionamento che si è in- ceppato. La mancanza di questa consapevolezza sta alla base dell’errore di voler far funzionare a tutti i costi un sistema che non è più in grado di funzionare. E così anche il sistema bancario e finanziario continua a essere posizionato più sul- le esigenze di un’economia statica che su quelle di un’economia in evoluzione e che ha bisogno di essere accompagnata nel processo evolutivo. Ne deriva, quindi, un ulteriore freno al cambiamento se le banche non rifocalizzano i loro business model sulle esigenze di cambiamento e se non si prendono misure affinché l’in- tero sistema finanziario dia più peso alla finanza per l’innovazione e lo sviluppo.
Naturalmente tutto diventerebbe più facile, se anche l’Unione economica e monetaria europea cambiasse al più presto le proprie regole. Nel 2015 sono state previste misure di completamento e rafforzamento dell’eurozona ma non nel senso di allentare le politiche del rigore e dell’austerity. Invece di favorire le convergenze, queste politiche hanno prodotto l’effetto contrario di amplia- re le divergenze fra i Paesi forti e quelli deboli. Una maggiore integrazione economica dell’Europa non è realizzabile se non si introducono meccanismi di solidarietà che rendano possibile soprattutto uno sviluppo tecnologico più omogeno in modo da ridurre i divari competitivi che sono alla base degli squi- libri economici e finanziari.
Ma è bene chiarire che il quadro macroeconomico dei problemi dell’eurozo- na e le regole per far funzionare l’euro non possono diventare il paradigma do- minante per spiegare come uscire dalla stagnazione ed evitare la depressione. Le riforme possono essere una risposta ma la loro efficacia dipende dalla direzione che vogliamo far loro assumere. Cercare di aumentare l’efficienza dell’esistente non può bastare quando occorre cambiare i modelli di comportamento. E poiché il cambiamento rientra in ciò che deve essere scoperto, l’obiettivo deve spostarsi sulla creazione di nuova conoscenza e su come produrla.
Il cambiamento richiesto è generale perché riguarda tutti gli attori economici, i quali devono modificare atteggiamenti e comportamenti al fine di un adatta- mento reciproco. La co-evoluzione è un requisito essenziale per dare vita alle governance territoriali: ciascun attore deve adeguare la propria condotta agli obiettivi della collaborazione. Le difficolta di adattamento ritardano il cambia- mento e l’evoluzione. La questione riguarda anche le relazioni tra le banche e le imprese. Le banche non innovano la propria offerta perché riscontrano che il settore delle imprese innovative è limitato; mentre le imprese non innovano perché le banche sono poco orientate a sostenere l’innovazione. Come sbloccare la situazione dovrebbe essere una delle preoccupazioni principali dell’Unione Europea e dei governi nazionali.
Nel libro cerco di darvi una risposta facendo riferimento al contributo che può offrire il paradigma della “nuova politica industriale” nel diffondere la cul- tura della governance territoriale.




























































































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