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                Presentazione
lazioni collaborative tra imprese, centri di ricerca e università, e gli altri attori della governance territoriale che entrano in gioco nel trasferimento tecnologico. Il libro punta il dito soprattutto sul mancato potenziamento dei “sistemi di in-
novazione” nazionali e regionali, sulla prevalente logica speculativa della finanza per l’innovazione, sulla mancanza di concorrenza in molti settori. In questo con- testo, tipico dell’economia italiana, è difficile che il mercato sia incentivato a in- novare. Occorre, quindi, pensare a come mobilitare le energie territoriali tramite modelli collaborativi che dal basso generino progetti e programmi di investimen- to anche per la produzione di beni e servizi di tipo collettivo con cui rigenerare le economie locali. Ciò non è semplice perché richiede anzitutto un cambiamento culturale da parte di tutti gli attori coinvolti.
In effetti l’Unione Europea ci ha provato con la smart specialization strategy. Nel fissare le condizioni di accesso ai fondi per la ricerca messi a disposizione dal programma Horizon 2020, le Regioni hanno dovuto elaborare dei piani di sviluppo industriale ricorrendo a modelli collaborativi territoriali (focus group, incontri, gruppi di lavoro tra gli attori/stakeholder del territorio) con il compito di identificare le aree di business in cui il territorio può specializzarsi e innovare mostrando di possedere vantaggi competitivi. Si tratta di un esperimento di go- vernance territoriale che deve evolvere in un meccanismo sistematico di funzio- namento dell’economia. I modelli collaborativi a livello decentrato mobilitano le energie e i fattori di propulsione territoriale.
Un settore dove ciò può verificarsi è quello dei progetti di investimento ri- guardanti le infrastrutture regionali e locali. In questo caso, le amministrazioni territoriali hanno da svolgere un ruolo importante non solo nel promuovere i progetti ma anche nell’azione di coordinamento e di facilitazione delle relazioni fra i vari attori che partecipano alla governance, cioè le imprese, le università, al- tri centri di ricerca, le banche e altri attori del territorio. Occorre, quindi, valoriz- zarle, contrariamente a quanto si sta facendo in Italia, considerate non efficienti; il governo centrale le deve sostenere, favorendo il decentramento, creando un contesto favorevole allo sviluppo delle iniziative territoriali oltre che assegnare maggiori risorse alla ricerca. Un programma di progetti infrastrutturali che fosse esteso a tutta l’Europa, e che partisse dal basso, dai territori, dalle grandi città, potrebbe mettere in moto la ripresa incentivando numerosi settori per la pro- duzione di beni e servizi collettivi come trasporti e logistica, energia, ambiente, gestione dei rifiuti solidi, salute, sicurezza, tempo libero.
In realtà, queste idee rientrano tra le strategie europee di coesione e inclu- sione sociale per il rilancio economico (Urban Europe Strategy 2014-2020) ma non pare che abbiano trovato terreno fertile e avuto un impatto di una qualche importanza. Si noti come le strategie delle smart city o digital city e i programmi di investimento urbani abbiano effetti moltiplicativi sullo sviluppo delle attività produttive non solo locali ma anche nazionali.
La tesi che propongo nel libro è che l’Europa si trova da tempo in una fase di transizione dalla quale, date le condizione di contesto, non riesce a uscire perché non dispone di meccanismi che accelerino il processo evolutivo in atto. In altri termini non si tratta semplicemente di riavviare un motore che si è spento, o di
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