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Innovazione, finanza e sviluppo
industria. Ciò richiede un cambiamento culturale, con un settore bancario che torni ad essere protagonista dell’economia reale.
Molte proposte del professor Baravelli mi trovano concorde sugli innumere- voli sforzi che dobbiamo mettere in cantiere per rafforzare la governance eco- nomica europea. Questo è necessario per ridurre gli squilibri macroeconomici tra Paesi membri dell’Unione e per rilanciare gli investimenti, l’innovazione e la vocazione imprenditoriale.
La governance dell’ue deve essere più efficace, trasparente e democratica, più politica e meno burocratica. Il dibattito è stato avviato dal Parlamento eu- ropeo con tre rapporti, adottati il 16 febbraio 2017, che sottolineano la necessità di un governo economico europeo più forte, con un vero Ministro delle Finanze europeo.
Il Parlamento europeo ha proposto, inoltre, di trasformare il Fondo Salva Stati – con i suoi 376 miliardi di capitale ancora disponibili – in un vero e proprio Fondo Monetario Europeo. Questo Fondo sarebbe determinante per correggere gli squilibri competitivi e sociali, facilitando le riforme strutturali e la convergen- za tra Stati membri.
Un vero governo europeo dell’economia richiede anche una maggiore armo- nizzazione fiscale tra gli Stati membri e un bilancio dell’Unione che dia risposte concrete ai principali problemi dei nostri cittadini: disoccupazione, sicurezza, im- migrazione illegale e cambiamento climatico.
I cittadini chiedono un’Europa più coesa, che crei prosperità, che non lasci indietro nessuno. Come suggerito dal professor Baravelli, per riavvicinare gli eu- ropei dopo 10 anni di crisi servono profonde riforme, con un maggior coinvolgi- mento dei territori e dei clusters industriali.
La buona politica deve tornare a svolgere il suo compito centrale: mettersi all’ascolto dei cittadini. La Dichiarazione di Roma del 25 marzo scorso, in oc- casione del 60esimo anniversario della firma dei Trattati, non deve essere solo una celebrazione, ma il punto di partenza per un nuovo cammino. La meta finale sono gli Stati Uniti d’Europa. Come per gli Stati Uniti d’America, che vi hanno impiegato quasi due secoli, anche per noi non sarà facile. Sono ottimista. Insieme possiamo scegliere di non avere paura e continuare, con rinnovata fiducia, il no- stro cammino.